mygirls.

8 gennaio 2024 § Lascia un commento

leggendo un articolo pubblicato su discogs riguardo ai 15 anni di quel gran capolavoro immortale che è merryweather post pavilion degli amati animal collective ho scoperto che beyonce ha usato un sample di my girls per una sua canzone, ma ho anche scoperto che la stessa canzone del collettivo animale somiglia molto a un seminale pezzo house di frank knuckles. ho scoperto pure che all’inizio di questa canzone c’è l’audio di una vera navicella spaziale, e che questa canzone non parla affatto di ragazze – come ho sempre creduto, mannaggia a me che trascuro sempre i testi a favore della musica – ma della voglia di sistemarsi e avere una casa dove vivere bene con la propria famiglia (che bellezza). sempre girovagando a caso, sono arrivato a un bell’articolo sull’uso del sintetizzatore roland juno-60 nella canzone in questione, lì dove si vede la nostalgia come una specie una ricchezza.

There isn’t much that I feel I need
A solid soul and the blood I bleed
With a little girl and by my spouse
I only want a proper house

artificiale.

21 novembre 2023 § Lascia un commento

«Ho chiamato Carbon il mio gruppo perché mi interessa il pensiero non lineare, ricurvo e continuo tipico del carbonio, che si oppone alla logica, rigida e squadrata coscienza del silicio. Anche se ho la tendenza a essere piuttosto logico, cerco di avere sempre a portata di mano un’uscita di sicurezza, il jolly, l’intuizione. A un certo punto mi sono messo a studiare la musica composta da computer, ma ho concluso che i computer, a differenza degli esseri umani, non fanno musica molto interessante. Gli intelletti meccanici sono molto stupidi… si dovrebbe parlare di stupidità artificiale, piuttosto che di intelligenza artificiale… sono esseri binari, mentre noi non lo siamo: dentro di noi c’è sempre una casualità chimica. Alcune cose sono fatte solo per gli esseri umani, e la composizione musicale è una di queste. Immagino che il termine operativo per descrivere questo fatto sia “anima”». (Elliott Sharp, anni ’90)

neiwiller.

30 ottobre 2023 § Lascia un commento

 Le differenze esistono, bisogna combattere, le differenze esistono, continua a urlare dal buio Antonio Raia nella Sala Assoli durante l’apparente soliloquio con Antonio Neiwiller, mentre da fuori provengono urla e schiamazzi di giovani in fila per 1 spritz a 1 euro, fuori l’inferno e noi chiusi dentro, al buio, che resistiamo, le orecchie tese al fiato che esce da un sassofono, alla carezza che fuoriesce dagli oggetti percussivi di Walter Forestiere, alla voce potente e stentorea di Neiwiller che ci chiede dove sono andati a finire, i maestri? Cerchiamo di ascoltare, e certo non è un peccato essere giovani, ma esserlo così? Il tunz-tunz estremo e vacuo a martellare le tempie, l’alcol nel sangue oltre il consentito, forse solo per dimenticare, ma non sarebbe meglio ricordare? Una parola, un suono. Le figurine di terracotta e cemento di cyop&kaf sembrano prendere vita, piccole e illuminate, è la luce a dare la vita nel buio, in questo buio resistente in cui noi resistiamo. Alcuni obnubilati euforici credono si tratti di una discoteca, fanno per scendere, fiondarsi dentro, nascondersi ancora di più, per lasciar andare fuori chissà cosa: che effetto farebbe su di loro, la memoria bucata, da un suono, una voce… Magari un giorno, o una notte, sì, si vedrà.

thurston.

5 aprile 2023 § Lascia un commento

Siamo ad aprile però la domenica romana promette pioggia, il cielo è scuro, ma cosa importa se c’è il Monk (Solo perché non sei un batterista non significa che non devi tenere il tempo, avvisava il grande Thelonious) pronto ad accoglierti con un concerto imperdibile che già solo a immaginarlo ti si riempiono le orecchie di immagini e rumori. Si parcheggia, si scende, si salutano gli amici e poi giù, sotto palco, in attesa.

jayan bertrand // seafoam walls

Apre la serata Seafoam Walls in solo, ovvero nella persona del cantante/chitarrista Jayan Bertrand che per una mezz’oretta suona le sue canzoni che si riverberano nel locale che va via via riempiendosi. Jayan canta e suona di profilo, un cappello di lana gialla calcato in testa, gli occhiali a nascondergli il viso, timido e quasi imbarazzato, ma se lo stesso Thurston Moore gli ha pubblicato il disco di esordio per la sua Daydream Library Series un motivo ci sarà, e quindi si ascolta in intimo silenzio e non è male ascoltare questa chitarra a mo’ di prologo, pure il tapping ci sta bene, d’altronde se stasera siamo qui è per un po’ di elettricità. 

foto di lucio carbonelli

Elettricità che ovviamente ci verrà servita bella tosta ed abbondante in nove portate dalla star della serata, Noi siamo il Thurston Moore Group per ovvie ragioni dirà a un certo punto il nostro con un pizzico di giusta presunzione, ovvero quel giovane sonico in pace estatica che negli anni non ha perso nemmeno un capello e continua ad alzare la chitarra al cielo in un feedback che imperterrito si perpetua rumoroso e immortale.

foto di lucio carbonelli

Le canzoni suonate sono appunto nove, per una durata complessiva del concerto di quasi due ore, forse un po’ troppo lungo per un locale, ma quelle che sentiamo non sono semplici canzoni, magari partono anche come tali ma poi si allungano e dilatano in lunghe suite strumentali tra il muro di suono e il drone continuo che portano naturalmente a chiudere gli occhi per meglio galleggiare in una materia sonora tesa e psichedelica che per un motivo o per un altro è sempre più difficile trovare dal vivo: qualcuno potrebbe dire concerto da boomer con sessantenni che ancora fanno i ragazzini, ma ce ne fosse ancora di elettricità così e soprattutto che bello vedere padre e figlio allo stesso concerto. Ad accompagnare il nostro che guida tutti con uno sguardo troviamo Debbie Googe dei My Bloody Valentine al basso, abituata anche lei a lasciarsi andare all’elettricità più elettrica, Jon “Wobbly” Leidecker dei Negativland, con le sue elettroniche rumorose e perfette, il chitarrista Alex Ward, che senza timore si fa anche carico di piazzare un paio di soli sonici e qualche nota di clarinetto, e infine il batterista Jem Doulton, che non fa rimpiangere la dinamicità di Steve Shelley.

foto di lucio carbonelli

La setlist si compone perlopiù di canzoni provenienti dall’album By The Fire, più qualcuna sparsa  e soprattutto due cover molto rappresentative, vere e proprie chicche per chi sa apprezzare: la saltellante Temptation Inside Your Heart dei Velvet Underground del rock’n’roll animal per eccellenza Lou Reed, e la malinconica All Apologies dell’indimenticato amico Kurt Cobain, canzone tenera e rabbiosa allo stesso tempo e per l’occasione cantata da Jayan Bertrand di cui sopra. Purtroppo niente dal copioso repertorio dei Sonic Youth, com’è giusto e naturale che sia, eppure qua e là, complice la quasi totale assenza di distorsione della Fender di Thurston (comunque estemporaneamente maltrattata da una bacchetta), sembra quasi di sentire dissonanti reminiscenze free da album come A Thousand Leaves e NYC Ghosts And Flowers, cosa bella e commovente, in ricordo di un gruppo che tanti proseliti ha fatto, ma resta comunque unico e insuperabile. Chiude la serata un ultimo lunghissimo pezzo, incautamente approvato da chi credeva che la serata fosse già finita, in cui il buon Thurston invita tutti a rompere tutte le frontiere possibili: sonore, mentali, fisiche: lì dove l’oceano di suono non fa nessuna paura. 

thurston moore setlist @ roma 02_04_2023

[Per chi se l’è perso a questo giro non se lo perda assolutamente al prossimo, a quanto pare il buon Thurston ama l’Italia (ha pure scritto/dedicato una canzone per il Siren Festival di Vasto), e la data di luglio al benemerito festival Disorder (quest’anno a Oliveto Citra, in provincia di Salerno) è già fissata]

burrasca.

2 marzo 2023 § Lascia un commento

«Quasi dieci anni dopo Storm è ancora il mio porto sicuro quando mi sento, come dire, in alto mare. “Navigare per mari in tempesta” potrebbe sembrare una metafora piuttosto abusata, ma se diciamo così un motivo ci sarà. A volte, ci sentiamo davvero travolti da una burrasca. I nostri genitori muoiono. Ai nostri amici vengono diagnosticate malattie incurabili. Veniamo traditi dalle persone che amiamo e umiliati da capi affamati di potere. E, nonostante tutto, riusciamo a strappare qualche piccola vittoria e carpire fugaci momenti di gioia.

Nel 2016, sono finalmente a un concerto dei GY!BE. È una notte calda e umida a Sydney, una città che una volta consideravo casa mia ma che adesso non lo è più. In un enorme tendone soffocante e gremito di gente piantato in un parco urbano, un misto di lacrime e sudore comincia a scorrermi lungo il viso e il collo. Non appena attaccano a suonare un movimento da Storm, alzo i miei pugni magri come antenne al cielo e mi ritorna in mente l’Antartide».

[la parte finale tradotta velocemente alla bell’e meglio da questo racconto di Jo Stewart, se vi va di leggerlo; illustrazione di Joey Yu]

alma.

1 luglio 2022 § Lascia un commento

Considerazioni sparse, senza polemica. Biglietto online a 5euro, 10euro al botteghino: finalmente una cosa civile, mi dico. Poi entro e il parcheggio a 8euro, meglio parcheggiare fuori. Sponsor della serata la carta (igienica) Wow, regalano infatti pacchetti di fazzoletti di carta (non Wow però, boh) che servono sempre, vabè. Dentro cocktail a 10euro e birra calda, pagamento solo in contanti, mi accontento di acqua che è meglio. Il concerto comunque non è male, dignitoso, peccato solo stravolgano tutti i pezzi più famosi, cosa comunque comprensibile dopo tanti anni. Curiosità: appena finito il concerto il dj di turno parte con un pezzo degli Almamegretta remixato, intanto fuori c’è altra musica dance che fa tanto Arenile anni ‘90. Risultato emotivo della serata: gioventù perduta, depressione primaverile.

mamma.

6 febbraio 2022 § Lascia un commento

La lotta contro la paura comincia dalla salatura della pasta, prosegue poi con la cottura della stessa. Per la signora Pina questa cucina è diventata un campo di battaglia, chissà la sua famiglia come la prenderà se sbaglia. Chissà se il piccolo Renato, di fronte a un piatto di spaghetti scotto e troppo saporito, non si lamenterà, ma dirà: «Mamma grazie, perché mi insegni ad essere un uomo coraggioso».

battiato.

18 Maggio 2021 § Lascia un commento

addio maestro. proprio l’altro giorno ho comprato un tuo libro, attraversando il bardo. mi piace pensare che sia semplicemente passato oltre.

«Io sono. Io chi sono? Il cielo è primordialmente puro ed immutabile, mentre le nubi sono temporanee. Le comuni apparenze scompaiono, con l’esaurirsi di tutti i fenomeni. Tutto è illusorio, privo di sostanza. Tutto è vacuità. E siamo qui, ancora vivi. Di nuovo qui, da tempo immemorabile. Qui non si impara niente, sempre gli stessi errori. Inevitabilmente gli stessi orrori, da sempre, come sempre. Però in una stanza vuota la luce si unisce allo spazio, sono una cosa sola, inseparabili. La luce si unisce allo spazio, in una cosa sola. Io sono. Io chi sono? La luce si unisce allo spazio in una cosa sola, indivisibili. Io sono. Io chi sono?»

keep it real

16 marzo 2021 § Lascia un commento

stanotte ho sognato di essere a un concerto degli Animal Collective​, era pieno di gente. musica che non avevo mai sentito, ma erano indubbiamente loro, le loro classiche esplosioni psichedeliche, anche perché c’era Avey Tare​ (coi capelli un po’ più lunghi, come se non vedesse un barbiere da un po’) che cantava alla sua solita maniera. un nuovo tour con delle canzoni nuove. buon s(e)(o)gno. io ci voglio credere.

afraid of americans

6 gennaio 2021 § Lascia un commento

«A differenza di Bowie, all’epoca i Nine Inch Nails erano all’apice della loro popolarità. Prima del tour, David mi disse: “In questo tour non suoneremo nessuna hit, faremo solo questo disco nuovo e basta. Anche se nessuno vuole sentirlo. Ma io ne ho bisogno”. E allora io pensai: “Be’, sono proprio davanti all’uomo che pensavo che fosse. È proprio qui davanti a me”. Avrei anch’io il coraggio di fare la stessa cosa? È questo, il coraggio? È una cosa che davvero mi ha segnato.
Comunque ancora penso a lui continuamente, e lo ascolto costantemente. E sono grato per il fatto di averlo incontrato e sono anche grato per quanto, che ne fosse a conoscenza o meno, mi abbia aiutato in quel brutto periodo prima che mi decidessi a farla finita con le cazzate. E ancora sento la sua voce. Lui è riuscito a superare tutta quella merda di cui mi ero ricoperto. E gli sono grato per questo». (Trent Reznor, ricordando David Bowie)

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