era così bello ballare il limbo. (+munnezza et sogno carabiniere)

9 ottobre 2006 § 9 commenti

Mi fa proprio ridere questa storia che vogliono abolire il Limbo.

Cioè, prima se lo inventano e poi da un momento all’altro decidono di sopprimerlo.

Come se fosse un palazzo ormai vecchio che deve essere fatto saltare per aria con cariche di dinamite. Scientificamente, dannazione!

E dove andranno a finire tutti gli abitanti del Limbo?

I profeti, i bambini non battezzati, quelli nati avanti Cristo, i filosofi.

Anche questi son problemi, eh.

(dove andranno a vivere quelli che gli fanno saltare quella sottospecie di casa chiamata Vela?)

 

(perché solo in Campania siamo sommersi da cumuli di munnezza? sarà pure un buon soggetto fotografico – s’imparano un sacco di cose da quello che la gente butta via – ma la munnezza puzza e porta malattie. dicono che non vogliono l’inceneritore/termovalorizzatore e poi bruciano tutto da sé. bravi, complimenti! riciclare riciclare riciclare! sigh! che rabbia!)

 

 

Stanotte ho sognato di essere un carabiniere.

Cioè, ero nella mia vecchia casa, quella di quando ero adolescente (come mi capita sempre nei miei sogni – quei pochi che mi ricordo – chissà perché) seduto sul letto di mio fratello maggiore, e all’improvviso mi arriva questa telefonata.

«Va bene allora, può venire ma non si dimentichi il pass», diceva la voce (che io sapevo essere quella di un mio superiore) dall’altro capo del filo.

Sapevo anche che dovevo mettermi la divisa.

Così scendevo in strada, con la mia bella divisa da carabiniere nera a striscette rosse, e arrivavo in centro con l’autobus. Sapevo dove andare (nei sogni si sa sempre tutto), dov’era quella che avrebbe dovuto essere la (mia) caserma, eppure non la trovavo.

Andavo avanti e indietro per un po’, lungo un piccolo tratto di marciapiede, controllando bene i numeri, e sbirciando all’interno di tutti i negozi, ma niente, questo posto non lo trovavo.

Che poi non sapevo cosa dovevo andarci a fare di preciso, avevo la sensazione che (forse) dovevo fare tipo un pezzo di giornalismo (verità), tipo scrivere qualcosa dall’interno dell’ambiente trattato insomma. Cose così.

Mentre ancora cercavo la mia meta, mi accorgevo di aver dimenticato il pass, ma non me ne preoccupavo più di tanto in verità.

«Vabbè, e che sarà mai», pensavo. «Mi faranno entrare lo stesso».

 

Poi mi avvicinavo a un bar, un bar in penombra, e mentre stavo per chiedere informazioni vedevo questa ragazza dai lunghi capelli biondi e ricci, vaporosi. Sul metro e settanta, aveva degli occhiali da sole sfumati, di color marrone, e le labbra rosa, rese lucide dal lucidalabbra, inumidite e brillanti.

Assomigliava a una ragazza che ho visto di recente in quei sporadici e soporiferi momenti che passo davanti alla tivvù, ma assomigliava anche a una mia compagna di classe delle medie (addirittura), si chiamava Karin ed era una di quelle ragazze che a tredici anni ne dimostrano una ventina (già allora era così), per come si truccano e per come si muovono. (oggi è ancor di più così)

Lei mi riconosceva e forse voleva anche salutarmi, ma io facevo finta di non averla riconosciuta, un po’ per la solita timidezza cronica, un po’ per non cadere in quei soliti discorsi «che lavoro fai? sei fidanzato?», discorsi altamente depressivi si sa, almeno nel mio caso, ahimè.

Così non chiedevo più niente a nessuno e me ne andavo, con la mia stupida (finta?) divisa da carabiniere addosso, e senza quel benedetto pass in tasca, mentre il sole continuava a splendere forte e caldo.

[adesso che ci penso una volta a carnevale, facevo il liceo, mi vestii da carabiniere. (una volta m’ero vestito anche da drugo! evidentemente mi piacciono gli opposti) la divisa mi andava piuttosto grande. a quella festa ce n’erano un sacco di vestiti da carabiniere. a uno lo portarono pure dentro perché se ne andava in giro con i gradi veri. (genio)]


 

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